I rubatà



 










Le vicende della guerra


Nel 1859 Francesi e Piemontesi, alleati per la liberazione di parte dell’Italia del Nord dall’occupazione austriaca, si ritrovarono “alla stessa tavola” per un incontro tra generali e truppe.
Questo fatto costrinse i panettieri locali a preparare del pane in abbondanza, danneggiando in tal modo la produzione di grissini. Quest'ultima "diminuì sensibilmente tanto da non poter soddisfare le esigenze minime della popolazione. Il popolo quasi insorse tanto che, per placarne gli animi, fu deciso di rivedere le disposizioni sulla regolamentazione della produzione di diversi tipi di pane". Casimiro Teja (giornalista satirico) sul "Pasquino", il giornale satirico dell'epoca, ricorda questo dramma del 1859, disegnando due gustose caricature sui torinesi morenti di fame, perché privati dei loro "pane quotidiano", nonostante avessero a disposizione ben altre quarantacinque varietà di pane, tutte da loro regolarmente disdegnate.




Il valore assunto in quegli anni dai grissini per i torinesi si ricava anche scavando sotto l'obelisco dedicato a Siccardi in Piazza Savoia a Torino sul quale è incisa la data del 1853. Alla base di questo monumento in una cassetta si possono trovare "i simboli positivi per documentare ai posteri il livello di civiltà raggiunto dai Piernontesi" nella seconda metà dei XIX secolo.
Infatti "in una nicchia sono conservati i numeri 141 e 142 del 1850 della Gazzetta del Popolo, una copia della legge sull'abolizione del Foro Ecclesiastico, alcune monete, semi di riso e di altri cereali, una bottiglia di Barbera e un pacco di grissini".

Vittorio Amedeo II di Savoia

Ma torniamo agli albori del grissino cercando di mettere in discussione la sua origine legata alla fiaba di Vittorio Amedeo II.

L'intento sembra dare esiti positivi. Considerando che già nel 1679 l'ingente domanda di questo prodotto aveva determinato l'esigenza di imporre un calmiere sui prezzi di pane e grissino appare impossibile datare la nascita dello stesso grissino appena 4 anni prima. Risulta quindi opportuno cercare un'origine più indietro nel tempo.
Secondo lo storico F. Cognasso ("Storia di Torino" editore Giunti Martello 1978) l'abate fiorentino Vincenzo Ruccellai, il quale si stava recando in Francia per una missione diplomatica, nel gennaio del 1643 a Chivasso presso Torino, vi avrebbe scoperto "una novità, sebbene di stravagante forma, vale a dire del pane lungo quanto un braccio e mezzo e sottile a similitudine di ossa di morti".
Annotando la notizia sul suo diario, l'abate, che per altre attività sarebbe rimasto sconosciuto, senza rendersene conto, si è inserito in una posizione di primo piano per quanto riguarda il dibattito sull'origine cronologica del grissino. Dai suoi appunti si può dedurre infatti che intorno alla metà del secolo XVII il "GHERSIN" era già un prodotto affermato e collaudato, diffuso anche nei centri di provincia, noto non solo per i suoi valori alimentari e di gusto ma anche per quelli dietetici (aspetto da non sottovalutare considerata l'epoca).
Risalendo ulteriormente il tempo si può trovare su documenti del trecento relativi ad alcune prove
di panificazione, il riferimento ad un particolare tipo di pane chiamato "Pane Barotellatus".
Siccome Barot in piemontese significa bastone si può pensare che esso potesse essere
l'antenato dell'odierno grissino.
Si può ipotizzare con un certo realismo che le vicende economiche del XIV secolo ne abbiano determinato la genesi.
La “GHERSA”, il già citato pane allungato tipico di Torino, veniva all’epoca venduto a “pezzatura” e non a peso come avviene oggi con il pane.
E’comprensibile che una progressiva svalutazionre della moneta locale (il soldo) abbia fatto sì che, nel tempo, a parità di denaro, si riducesse anche il potere d’acquisto del compratore. Di conseguenza ai “panatari” dell’epoca, per non rimetterci, non restava altro da fare che ridurre le dimensioni della “GHERSE” cui I contadini avevano diritto versando la stessa moneta.
Di qui si può immaginare che la richiesta tipicamente torinese:”Dame ‘na GHERSA” si sia progressivamente trasformata in una “Dame ‘un GHERSIN”. Conferma di ciò si ha considerando un analogo processo avvenuto nel milanese dove si è passati dalla "MICA" (dalla caratteristica forma tondeggiante) alla "MICHETTA".
Quindi si può affermare che all'origine del grissino vi sia stata la combinazione fortunata fra svalutazione e necessità di un prodotto dietetico-medicinale per altro già di largo consumo in Torino.

Tratto da: www.bio-eko.it

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