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In molteplici occasioni e in differenti epoche, la storia del pane
è sempre stata legata a movimenti sia politici sia economici.
Il prezzo del pane ebbe un ruolo rilevante al tempo della Rivoluzione
francese e durante la politica d'espansione romana.
Vespasiano era consapevole che chi distribuiva pane aveva il controllo
di una città, tanto è vero che preparò la sua
scalata al potere appropriandosi prima dei magazzini e dei silos di
grano, poi controllando la distribuzione dei cereali.
I fornai hanno sempre avuto fama d'essere rivoluzionari, poiché
i forni, dato il loro insolito orario di lavoro, erano luoghi ideali
per le riunioni clandestine.
Le origini del pane risalgono al periodo neolitico, quando l'uomo
cominciò a coltivare i primi cereali; il prodotto finito, però,
più che pane sembrava una poltiglia senza forma. Nel momento
in cui gli uomini impararono a macinare il grano con il mortaio, qualcuno
osservò che lasciando la miscela vicino al fuoco, questa s'induriva.
Si arrivò in tal modo ai primi pani senza lievito. |
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La
scoperta del lievito si deve agli Egiziani i quali notarono che,
lasciando riposare la pasta per un po' di tempo, il pane diventava
più leggero e voluminoso. Quando la farina è impastata
con acqua, la proteina che si forma contiene il "glutine",
una specie di maglia elastica in grado di trattenere le bolle d'ossido
di carbonio che si formano e di sviluppare una struttura fissa e
spugnosa durante la cottura.
I Greci aggiunsero nuovi aromi e sapori nella lavorazione, riuscendo
a produrre oltre 72 tipi di pane e di pasta; sono stati però
i Romani a dare alla lavorazione del pane un valore artigianale con
l'uso di farine bianche e più dolci. A Roma i forni pubblici
nacquero nel 168 a.C. e ai tempi di Augusto se ne contavano circa
400.
Da allora si fecero limitati progressi nella lavorazione del pane,
fino a circa il 1630, quando fu introdotto l'uso del lievito per
accelerare la fermentazione dell'impasto (in precedenza si era soliti
aggiungere, al posto del lievito, un impasto fermentato tutta la
notte allungando considerevolmente il processo di lavorazione).
Tra i secoli XI e XII, il mulino si affermò nell'economia
rurale. Furono i ricchi e le classi agiate, le cui preferenze andavano
a favore del pane bianco, a consentirne la sua espansione. La qualità
del pane consumato dai ricchi era differente da quella consumata
dai contadini: questi dovevano mescolare il frumento con l'orzo,
la segale e perfino l'avena, e il pane così prodotto era di
misera qualità.
Durante tutti questi secoli, fino alla rivoluzione industriale, l'evoluzione
della panificazione fu assai lenta. I cambiamenti più importanti
si furono possibili grazie ai nuovi sistemi di macinazione, all'impiego
di macchine per impastare e raffinare, ai forni a gas ed elettrici
a cottura continua, a nuovi ingredienti capaci di conferire maggiore
forza alle farine consentendo un maggior assorbimento d'acqua dell'impasto.
Durante l'Ottocento e il primo Novecento non si ebbero nuovi cambiamenti.
La guerra del 1915-1918 fece da sfondo agli anni della pasta grigia,
del pane integrale e dei surrogati. L'esercito consumava grandi quantità
di pane che arrivava nelle trincee sporco e ammuffito.
Situazione simile fu quella che si ebbe durante la seconda guerra
mondiale e fu solo al termine, nel periodo della ricostruzione post-bellica,
che la situazione tornò alla normalità. |
Contrariamente
ad un'opinione fin troppo diffusa, il pane bianco non è per
niente un alimento calorico. Infatti 100gr. di pane apportano soltanto
255 kilocalorie, pochissimo rispetto alla stessa quantità
di patate fritte (400 kcal/100gr.) o al cioccolato al latte (550
kcal/100 gr.). |
Sapreste
rispondere a queste domande?
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